Egr. Direttore del Giornale di Brescia
Sono il papà di un bimbo che l’8 settembre ha iniziato la prima elementare. Come molti mi sono
avvicinato a questa nuova esperienza con molti dubbi e preoccupazioni anche a fronte del dibattito
scaturito dall’entrata in vigore della riforma Moratti e dei cambiamenti che avrebbero dovuto derivare
dalla sua applicazione.
Con una preoccupazione in più: mio figlio F. è autistico.
Avevamo lasciato la scuola dell’infanzia a Giugno con alcune indicazioni generiche, vista
l’impossibilità dichiarata dal Dirigente Scolastico di individuare chi sarebbero state le
insegnanti della classe di F. e quindi di preparare per tempo l’inserimento, ma che in parte
ci avevano rassicurato.
Una insegnante referente per l’handicap avrebbe seguito l’inserimento, si sarebbe cercato di
mantenere l’assistente per l’autonomia che conosceva già il bambino, anche in considerazione
che nella stessa scuola era prevista la presenza di un altro bambino con problemi simili a quelli
di F. Si era accennato alla possibilità di collaborazione da parte di una psicomotricista nella
definizione di un progetto sull’accoglienza e inserimento. Insomma, tutto sommato ci sembrava che
ci fossero delle buone premesse.
Già all’incontro con le insegnanti immediatamente precedente all’inizio dell’anno scolastico, pur
in assenza di comunicazioni formali, io e mia moglie ci siamo resi conto che la situazione non era
quella con cui ci eravamo lasciati. L’unica certezza sembrava essere la continuità dell’assistente
per l’autonomia, persona con cui collaboravamo da tempo e che, insieme alle maestre della scuola
per l’infanzia, aveva fatto un ottimo lavoro con F. Tutto il resto, progetto di inserimento, organizzazione
degli spazi e procedure, …, sembrava sparito se non per quello che l’assistente era riuscita ad organizzare.
Dell’insegnante di sostegno nessuna notizia. Saprò poi che F. è in buona compagnia; nonostante siano presenti
presso la scuola 2 bambini in deroga con rapporto 1 a 1 e altri con certificazione, non c’è neppure
un insegnante di sostegno di ruolo e nessuno dei bambini certificati ha iniziato l’anno con la presenza
di questa figura.
L’8 settembre F. ha iniziato e non è stato un impatto facile.
Se non sapete cosa significa per un bambino autistico stare in un atrio rimbombante con una folla di
altri bambini provate ad immaginarvi in veste di partecipanti ad una animata assemblea di condominio
in un qualsiasi altro paese del mondo di cui non capite linguaggio, comportamenti, scambi sociali,
atteggiamenti …. con i sensi stimolati da rumori, odori, luci … Non so quanto stareste bene. E voi
siete adulti. Voi poi avreste avuto una risorsa in più: tornati a casa avreste potuto parlare del
vostro disagio.
Ma F. non parla, come molti altri bambini con autismo non può raccontare.
Lo guardiamo quando ad esempio gira su sé stesso … aveva smesso da tempo, lo vediamo quando è nervoso
o intrattabile.
L’inserimento comunque prosegue; a distanza di alcuni giorni, in assenza di comunicazioni ufficiali, con un
altro genitore incontriamo il Dirigente Scolastico … “purtroppo le graduatorie” … “i ricorsi” … “il cambio
di dirigente” … “le incertezze derivanti dalla riforma” … Capisco tutto ma non è un problema né mio né di F.
Personalmente resta la sensazione di un diritto negato o, quantomeno, trascurato. Fortunatamente il giorno
stesso arriva una prima insegnante di sostegno sull’altro bambino e, dopo un paio di settimane, quella di F.
ma … è una supplente e il 20 ottobre, a quanto c’è stato informalmente comunicato, sono attese nuove graduatorie,
le cose quindi potrebbero ancora cambiare.
Poi ci sono gli altri aspetti, per me ancora più importanti: la qualità del progetto educativo, dei percorsi
di integrazione, il rispetto della diversità, la titolarità del ruolo educativo, anche nei confronti di F.,
da parte degli insegnanti del modulo … Ma, nonostante alcune perplessità, su questi aspetti, visto il poco tempo
trascorso, non sarebbe corretto da parte mia esprimere valutazioni.
Fin qui il caso personale.
Oltre ad essere papà di F. però sono anche Presidente di Autismando, una associazione di genitori di bambini
con autismo di Brescia e Provincia. In questo ruolo sono in contatto con esperienze di altri genitori ; so benissimo,
anche per averlo sperimentato direttamente, che esistono situazioni estremamente positive e non voglio fare
generalizzazioni ma purtroppo il caso personale riportato è spesso realtà collettiva che si ripete con i suoi
disagi ogni anno.
Se sono rimasti ad oggi i miei dubbi su come e cosa sia cambiato nella scuola ho l’impressione che alcuni aspetti
di questa istituzione siano rimasti, purtroppo, invariati.
Mi chiedo come sia possibile trovarsi a settembre in queste condizioni quando da 8 mesi, visto che le iscrizioni
sono a gennaio, la scuola sa della presenza di bambini con certificazione di handicap? Perché l’istituzione scolastica
che ha firmato durante l’estate un accordo per l’integrazione scolastica in cui viene affermata la centralità della
famiglia, a fronte di problemi come questi non si curi di darne comunicazione ai familiari? E ancora, a fronte
di una legislazione orientata a porre particolare attenzione alla tutela dei diritti dei bambini in quanto soggetti
deboli, perché questa tutela si attivi, giustamente, nei confronti di genitori inadempienti e sia invece apparentemente
inesistente rispetto, ad esempio, a quanto riportato? Non si tutelano anche così i diritti dei bambini, garantendo loro
la presenza di personale qualificato ed attento già dal primo momento di ingresso a scuola? Di fronte a queste cose
la famiglia spesso si trova da sola; anche il nuovo accordo provinciale per l’integrazione scolastica, che pure prevede
la costituzione di un Collegio di Vigilanza, non contiene indicazioni su come i genitori possano segnalare situazioni
problematiche.
Per inciso alcune delle valutazioni riportate possono essere estese anche ai Comuni rispetto all’assegnazione delle
assistenti per l’autonomia che, ugualmente, si rivela spesso problematica.
Vorremmo una maggiore assunzione di responsabilità, chiarezza di rapporto, consapevolezza che intervenire non
correttamente, in maniera frammentata, confusa, senza un progetto … in casi complessi e caratterizzati da una forte
vulnerabilità come l’inserimento scolastico di bambini con autismo, ma non solo, non è semplicemente fonte di disagio
ma può fare danni, rendendo vano un lavoro fatto di impegno e fatica da parte di familiari e terapisti.
Vorremmo che l’integrazione scolastica non restasse una sterile etichetta, il nome di un convegno o il titolo
di un documento ma fosse, come fortunatamente è in alcune realtà, valore da declinare in obiettivi verso cui
orientare buone prassi.
Purtroppo la sensazione è che dove tutto ciò avviene sia per sensibilità personali e professionali di specifici
docenti e dirigenti e non per una cultura e prassi dell’integrazione condivisa, diffusa e radicata come vorremmo fosse.
Non ci interessano contrapposizioni “per partito preso”, su questi obiettivi ci siamo per fare la nostra parte;
ugualmente però ci poniamo con forza il problema di tutelare i nostri figli e i loro diritti. E non vorremmo essere
soli, convinti come siamo che una collettività, nelle sue diverse componenti, più attenta alle sue “parti deboli”
possa garantire una migliore esistenza per tutti.
Brescia, 07/10/2004