Alla cortese attenzione
del Sig. Parroco
Vi scriviamo questa lettera per motivare la nostra assenza Domenica all'incontro con
il Sig. Parroco e la richiesta di poter prendere con noi nostra figlia in anticipo rispetto
alla chiusura del ritiro, alle ore 15.30.
Premettiamo che non è assolutamente una scelta determinata da uno scarso interesse rispetto
al percorso di fede di A., né rispetto alla prossima Cresima. Al contrario vorremmo che A.
vivesse una esperienza particolare e, crediamo, significativa.
Come sapete, oltre ad A., nel nostro nucleo familiare c'è F., un bambino con autismo.
Nel corso di questi anni F. è stato una presenza importante nella nostra vita e nei nostri
percorsi. Tra le altre cose questa esperienza ci ha portato a contatto con altre famiglie
di bambini autistici e con loro è nata Autismando, una associazione di genitori di bambini
con autismo della provincia di Brescia.
Domenica alle ore 16 presso un'altra Parrocchia ci sarà una messa dedicata a loro. Sarà una
messa un po' speciale, dove nessuno si stupirà per qualche grido, per qualche comportamento
bizzarro, per una corsa o per movimenti "fuori-tempo" rispetto ai ritmi scanditi dalla liturgia.
Permetteteci a riguardo un paio di riflessioni che nascono dalla nostra esperienza personale
in questa Parrocchia. Nello stesso momento in cui vi esprimiamo la nostra gratitudine per le
attenzioni rivolte ad A. e per le esperienze, sia catechistiche che in ambito scout, che ha
potuto vivere in Parrocchia, emergono anche perplessità rispetto all'approccio nei confronti
del problema di F.
Quando F. è stato iscritto in prima elementare ci è stato proposto di farlo partecipare alle
attività del catechismo perché …"sono insieme a scuola, non è giusto che qui non ci sia" … così
ci abbiamo provato. Francesco ha partecipato ad alcuni incontri ma non c'erano attività pensate
per lui ed era solo un "esserci", una presenza fisica senza un percorso. Così dopo alcuni incontri
dove era difficile anche per noi adulti capire cosa ci stavamo li a fare, si è interrotta la
sua partecipazione.
L'anno successivo abbiamo provato a parlarne con la catechista e con il Parroco proponendo la
presenza di un tutor, di qualcuno con cui collaborare per costruire un percorso che potesse
aver un senso per lui. Per contro il problema che ci è stato posto è stato …"ma F. è in
grado di capire"?…
Bella domanda
E' vero, F. ha una grave disabilità intellettiva. Molto probabilmente non è in grado di capire
il concetto di bene e male. Però può sperimentare che un gelato è buono e una medicina amara,
che una carezza fa star bene e che una faccia arrabbiata non è buona.
E questa Pasqua, mentre eravamo via con altre famiglie "un po' speciali", F. è stato capace di
andare verso un Crocifisso esposto e dare un bacino alla ferita dei piedi dicendo con la faccia
triste "Fatto male". Non è certamente la fede dei profondi discorsi filosofici e neppure quella
dichiarata o esibita; è stato solo un gesto di affetto e desiderio di dare sollievo verso un
segno di sofferenza dell'altro, appreso attraverso i baci ricevuti da sua mamma sui suoi "mali".
Ma in fondo questa vicinanza alla sofferenza dell'altro e desiderio del suo bene non ha davvero
niente a che fare con la nostra fede? O forse proprio "la difficile situazione in cui si trova,
permette all'handicappato di scoprire orizzonti, coltivare valori, vivere atteggiamenti che la
coscienza comune non percepisce e non apprezza e che possono diventare un trampolino di lancio
verso l'Assoluto" (L. Serentà, "L'handicappato e la comunità cristiana" 1980).
…"ma Francesco è in grado di capire"?… Purtroppo, per quanto abbiamo capito dal confronto anche
con altre famiglie, questa posizione pare avere una certa diffusione.
Francamente in questa posizione non ci riconosciamo e non ci piace.
Vorremmo pensare ad una Chiesa in cui ci può essere un posto per tutti
Ed a una vita sacramentale che non si misura sulla base del quoziente intellettivo ma nella fede
nell'azione di Cristo che salva, che salva comunque al di là delle misurazioni e delle logiche del
mondo. (A riguardo alleghiamo uno scritto di Don Giuseppe Morante).
Questa esperienza di Chiesa, posto di tutti e in cui sia possibile per tutti trovare un proprio posto,
è qualcosa che cercheremo di vivere Domenica e questo vorremmo che provasse a vivere anche A.
confidando che possa rappresentare anche per lei una esperienza di crescita.
Ringraziandovi per l'attenzione che ci avete dedicato
I Genitori di A. e F.
"Senza dubbio le persone disabili, svelando la radicale fragilità della condizione umana, sono una
espressione del dramma del dolore e, in questo nostro mondo, assetato di edonismo e ammaliato dalla
bellezza effimera e fallace, le loro difficoltà sono spesso percepite come uno scandalo e una
provocazione e i loro problemi come un fardello da rimuovere o da risolvere sbrigativamente.
Esse, invece, sono icone viventi del Figlio crocifisso. Rivelano la bellezza misteriosa di Colui
che per noi si è svuotato e si è fatto obbediente sino alla morte. Ci mostrano che la consistenza
ultima dell'essere umano, al di là di ogni apparenza, è posta in Gesù Cristo. Perciò, a buon diritto,
è stato detto che le persone handicappate sono testimoni privilegiate di umanità. Possono insegnare
a tutti che cosa è l'amore che salva e possono diventare annunciatrici di un mondo nuovo, non più
dominato dalla forza, dalla violenza e dall'aggressività, ma dall'amore, dalla solidarietà,
dall'accoglienza, un mondo nuovo trasfigurato dalla luce di Cristo, il Figlio di Dio per noi uomini
incarnato, crocifisso e risorto".
(dal MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO INTERNAZIONALE SU "DIGNITÀ E DIRITTI
DELLA PERSONA CON HANDICAP MENTALE" Città del Vaticano, 7 - 9 gennaio 2004)
Iniziare i disabili ai sacramenti?
Riflessioni pastorali-catechetiche del Prof. Giuseppe Morante
1. Come comportarsi?
All'autore di queste riflessioni capita di ricevere lettere di catechisti che chiedono come comportarsi
circa la celebrazione dei sacramenti dell'iniziazione cristiana con i disabili, soprattutto mentali.
Catechisti più sensibili al messaggio evangelico intuiscono che qualcosa non va quando si trovano davanti
a casi a cui non si amministrano i sacramenti, con la speciosa giustificazione che "tanto essi non
capiscono".
In realtà molto cammino è stato fatto a proposito della pastorale dei disabili e della loro accoglienza a
pieno titolo nella vita della comunità cristiana; ma molto rimane ancora da fare circa il loro inserimento
ecclesiale, circa una catechesi speciale di accompagnamento personalizzato, circa l'ammissione ai sacramenti.
Vogliamo riflettere pastoralmente, perciò, sulle ragioni profonde che possono aiutarci a superare quelle
esitazioni o quei rifiuti, quelle reticenze e quei disagi che si evidenziano (forse anche inconsciamente)
davanti a certi portatori di handicap gravi o chiusi nel proprio autismo.
Come tutti i chiamati alla vita, anch'essi hanno diritto di condividere i tesori offerti da Dio all'umanità:
Essendo nati alla vita, come tutti, hanno bisogno del Battesimo per diventare figli e figlie di Dio;
Dovendo vivere una vita cristiana, come tutti i battezzati, hanno bisogno del nutrimento dell'Eucaristia e del
Perdono di Dio;
Dovendo crescere nell'esperienza della fede, hanno bisogno di ricevere la Confermazione e l'unzione che dà
forza, pazienza e fiducia, nella malattia e nel passaggio verso Dio.
Spesso invece ci si difende pensando che i disabili mentali gravi non possono andare a Dio, perché non
hanno "mezzi intellettuali adeguati", perché…"tanto essi non capiscono".
2. Le ragioni della fede
La domanda che sorge nel considerare come Gesù ha dedicato gran parte della sua giornata evangelizzatrice
a guarire i malati, a incoraggiare i limitati umanamente, ad accogliere i disprezzati e gli emarginati
dalla società del tempo è: "I disabili hanno bisogno dei sacramenti? L'amore di Dio lo vuole? I sacramenti
non sono prima di tutto per le persone più bisognose?".
E invece spesso prevalgono le solite scontate obiezioni: "non ne è capace"; "dando i sacramenti, rischiamo
di influenzarli, mettendoli alla mercè delle dipendenze imitative, senza reazione critica…".
Davanti a motivazioni che manifestano preoccupazioni più intellettualistiche che pastorali, proprio come
pastori e catechisti dobbiamo essere mentalizzati da alcune convinzioni:
Si deve riscoprire il valore fondamentale del sacramento, che è la modalità per cui la vita di ogni persona
è presente nella Pasqua di Cristo, nella sua vita di uomo offerta al Padre.
Il sacramento è il modo con cui Cristo si rende presente in "gesto umano", assumendolo, facendolo diventare
suo.
Nel sacramento, accanto alla realtà di Cristo che si rende presente, vi è la presenza dell'essere e della
libertà umana.
E' necessaria la convinzione che la realtà umana assunta dal sacramento deve essere una realtà personale.
Nella comunità cristiana, a seconda delle circostanze, questa acquisizione deve essere sottolineata dal
fatto che la vita personale del bambino si sviluppa nel "contenitore" della famiglia. Se la Chiesa infatti
battezza il bambino, senza chiedergli una prestazione di tipo personale, libera e volontaria, lo fa nella
fede della sua famiglia e della sua comunità. Perciò il fatto che "essi non capiscono" non è un motivo
sufficiente. Questa esclusione inoltre porta i genitori dai ragazzi disabili a ritenere che la non
ammissione dei propri figli ai sacramenti sia ancora una volta un estremo marchio di rifiuto da parte
della società, con la stessa comunità ecclesiale che fa delle discriminazioni. Il desiderio dei genitori
va rispettato ed esaudito, soprattutto se diventa un punto di partenza per un coinvolgimento insieme ad
altri, nel processo di preparazione. Supplisce la fede dei genitori e della comunità.
L'amministrazione dei sacramenti ai disabili serve anche alla nostra fede di credenti: credere cioè che
proprio negli handicappati più gravi si manifesti la presenza di Dio. E si potrebbe dire che proprio loro
sono chiamati ai sacramenti, dopo che sono stati trattati come figli di Dio nella vita di ogni giorno,
perché anch'essi chiamati alla vita cristiana più piena. Il seno della comunità cristiana li deve
alimentare, perché essi possano sentirsi avvolti da un clima di accoglienza gratificante e protettivo.
3. Le ragioni dei disabili
Chi vive a contatto diretto con i disabili gravi, come chi mette la propria vita al loro servizio nelle
strutture di accoglienza, sa che essi più che "capire" possono "intuire", più che "ragionare" possono
"comprendere", più che "imparare" possono "vivere". Dobbiamo essere capaci di concedere loro l'onore di
credere a quella parte di libertà che è di ciascuno, con l'esigenza intrinseca di rispettarla e di
predisporre tutte le condizioni perché il loro inserimento nella comunità ecclesiale sia completo.
Invece, davanti a certe situazioni ci si rende conto che quando i sacramenti vengono conferiti lo si fa
generalmente o in totale assenza di formazione catechistica o adattando e riducendo i contenuti della
proposta di fede. E il più delle volte i sacramenti vengono conferiti in contesti privati. Tutto questo
offende in vario modo la dignità dei portatori di handicap e lede i loro diritti naturali di persone e
di figli di Dio.
Per far rispettare questi loro diritti, occorre facilitare la partecipazione piena delle persone con
handicap alla vita della comunità, magari partendo dall'elemento più esterno che è costituito
dall'abbattimento delle barriere architettoniche. Ma bisogna andare oltre. I sacramenti sono al centro
del mistero cristiano: viverli rimane un'esperienza necessaria per tutti; non c'è "uomo nuovo" senza
i sacramenti; che perciò non possono essere preclusi ai disabili, mentre si "sacramentalizza" facilmente
ogni "persona normale".
Rimane certamente il fatto che questa accessibilità sarà variabile in funzione di molti fattori. Ma
fondamentalmente il sacramento è una delle manifestazioni più sorprendenti e più commoventi della stima,
dell'amore e del rispetto con cui la Chiesa si rivolge a loro. I sacramenti sono i segni concreti dell'amore
di Dio per la persona umana. Se col tempo tali doni sono stati riservati solo agli intelligenti, questo
significa ritenere che "gli altri" non sono degni di tali doni. Ma Dio chiede di rendere visibili i suoi
gesti alla comunità, quando egli si rivolge a coloro che sembrano non capire, quando chiede di accompagnare
i più deboli a Lui.
4. Le ragioni dei sacramenti
I sacramenti sono segni dell'amore di Dio che ama sempre la sua creatura, prima ancora che questa possa
riamarlo, anzi anche quando questa di fatto non lo ama. Il suo amore poi è orientato particolarmente a
chi è più povero, più debole, più emarginato, e suscita il segno dell'amore nella Chiesa, che si
fa rivelazione dell'amore del Padre con gesti concreti, chiaramente profetici. La celebrazione dei sacramenti
per i disabili diventa anche un momento di chiara espressione di fede e di conseguente impegno missionario.
In concreto dice che:
La fede anche negli handicappati manifesta l'amore di Dio e si rende particolarmente presente;
Ogni cosa che si fa a favore degli ultimi è diretta a Dio stesso;
Perciò la Chiesa fa del servizio a questi un impegno sacramentale.
Si potrebbe dire paradossalmente che proprio essi sono chiamati ai sacramenti prima degli altri.
E' vero che questi segni della misericordia di Dio e dell'amore di Cristo non vanno mai dati "a cuore
leggero", ma sempre nella fede di una comunità e quindi nella fede che aiuta la famiglia, soprattutto nei
casi di presenza di disabili. Ma quando un bambino disabile è battezzato, non si vedono ragioni perché
in seguito non possa e non debba ricevere questi segni della misericordia, accompagnati dal coinvolgimento
della comunità e della famiglia.
Pare importante l'approfondimento, necessario soprattutto per noi e per la comunità che celebra, del
significato dei sacramenti dentro la vita. Bisognerebbe superare l'atteggiamento padronale, che qualche
volta - con la pretesa di difendere Dio - si assume nei confronti dei sacramenti e che non ha nulla a che
fare con il senso del servizio e della misericordia. Contemporaneamente, in forza del servizio e della
misericordia, è necessario pretendere con serietà la fede nei sacramenti. Ma la serietà di fede non va
addossata solo all'altro; deve coinvolgere tutti nel cammino di umiltà e di conversione. E' una prospettiva
che favorisce anche il dialogo, la formazione, l'educazione degli operatori pastorali.
Sappiamo che i diversi sacramenti si riferiscono ai bisogni fondamentali della nostra vita di figli di Dio,
alla quale è chiamato ogni essere umano. Il Battesimo corrisponde alla nascita; la Cresima al momento
della crescita; l'Eucaristia al bisogno di nutrirsi; la Penitenza e l'Unzione dei malati alla guarigione
spirituale e corporale; il Matrimonio e l'Ordine alla capacità che Dio ci dona di trasmettere la vita e
la Sua vita.
Sono bisogni che esistono più o meno avvertiti in ogni essere umano, che sia dotato o no di ciò che viene
chiamata "la normalità". Non ne sono privi perciò neppure i disabili gravi; al contrario, questi bisogni
in alcuni di loro sono molto più forti, e spesso essi ne sono anche consapevoli.